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DONO DI NEPIOS DELL'OPERA "REPERTO" DI RENZO NUCARA ALL'ASST PAPA GIOVANNI XXIII DI BERGAMO

È stato installato da poco nell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, nel grande corridoio che dalla Torre 4 va alla Torre 3 di fronte al Cup, l'opera "Reperto: Come un seme che si apre a nuova vita" che l'Associazione Nepios ha donato all'Azienda ospedaliera.
L'opera è un dono dell'Artista Renzo Nucara a Nepios che ha individuato in questa sede il luogo adatto per il suo significato: un seme che si apre per creare una nuova vita. Il seme è un monito di speranza per tutti noi e per le persone che si trovano a transitare per diversi motivi nelle corsie dell'Ospedale.

 
 





Renzo Nucara, Reperto (dittico)
Anno 2002, cm 200x300
resine, pigmenti, graniglie, forex
“come un seme che si apre a nuova vita”



 

BIOGRAFIA ARTISTA

Renzo Nucara (Crema 1955) si diploma al Liceo Artistico di Bergamo nel 1973. La sua prima mostra personale risale al 1977. Nel 1993 fonda insieme ad altri cinque artisti il gruppo Cracking Art. Materia d’elezione è la plastica che diventa anche veicolo di impegno ecologico e sociale. Partecipa con il gruppo, alla 49° Biennale di Venezia con l’istallazione Sos World: più di un migliaio di tartarughe di plastica riciclata e dorata che occupano i giardini intorno agli storici padiglioni. Torna alla Biennale, sempre con il Gruppo, nel 2011 e 2013. I Reperti caratterizzano la sua produzione artistica dagli anni 90 fino al 2002. Sono opere che rimandano all’idea di un oggetto già corroso dal tempo, realizzate in materiale plastico sul quale si addensano strati di pigmenti, granuli ed elementi del mondo naturale.

 
 CLICCA QUI per Il ringraziamento a Nepios di Maria Beatrice Stasi, Direttore Generale ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo
 

Considerazioni sul proprio lavoro di Renzo Nucara...
Il Seme viaggiante

Ho finito di fare una prenotazione al Cup ed esco sul grande corridoio che dalla
Torre 4 va alla Torre 3 e ne approfitto per rivedere il mio Reperto che
l’Associazione Nepios ha donato all’Ospedale di Bergamo. Sono fermo da un
minuto a guardarlo quando, forse per la teoria del “se stai col naso all’insù
anch’io voglio vederlo”, mi si avvicina una persona di una certa età che,
seguendo la direzione dei miei occhi, si ferma con lo sguardo sull’opera. Arriccia
il naso, contrae la bocca, come per aiutare gli occhi a mettere a fuoco da dietro
le lenti o forse nello sforzo di richiamare alla mente qualcosa che gli sfugge e
sempre con lo sguardo fisso sul Reperto mi fa: “La me scüse, lei sa cosa vuol
dire?” Mi giro, lo fisso, ritorno a guardare il Reperto e allora gli racconto quello
che mi passa per la testa: “Era un piccolo pianeta che orbitava ai margini della
galassia, in un posto buio senza luce. Qualcosa l’ha spinto a muoversi per
cambiare, per cercare la vita e si è lanciato nello spazio, ha impiegato anni, forse
millenni e la sua forma si è affusolata, perché prima era tondo come la terra. Poi
è arrivato qui, ha fluttuato nei corridoi dell’ospedale e deve aver trovato il suo
posto, su quella parete, lì sopra quelle piante che compongono l’aiuola. Dopo
qualche tempo è cambiato, ha iniziato a colorarsi di verde, ocra, rosso e si è
spaccato in due ed io allora avevo pensato che fosse venuto qui nell’ospedale a
morire, a finire la sua esistenza, invece ho capito che sta germinando, come un seme
si apre per creare una nuova vita... forse uno di questi giorni si trasformerà in un fiore...”
Vedendolo che è sempre più assorto e la bocca spalancata gli rimpallo la
domanda: “…e lei sa cosa vuol dire?” “No, me so mia stà sö la lüna”.
Silenzio. Poi riprende di botto “A me sömeà a lo stagn, quando l’era söcc e te
insöpà i pé ‘ndela palcia che pò la mama la te dava do sberle, e indà da picinì a
ciapà i girini, noter ghe dis menacó, e s’eteret fortünàt te troàët le rane érde...” E
alzando un dito verso il Reperto-Pianeta-Seme-Stagno cerca di indicarmi delle
piccole chiazze biancastre “ecco te vet chèi sguàss? li te troàët i menacó, e poi...
Non sento la fine del discorso, mi allontano e lo lascio andare avanti nei suoi
ricordi, nel frattempo un altro paio di persone gli si sono affiancate, anche loro
col naso all’insù. Mi avvio ad un’uscita. Non mi ricordo se è quella giusta. Qui mi
perdo sempre, vado alla mappa e cerco di capire dov’è il parcheggio...ma in
quale diavolo di parcheggio ho lasciato l’astronave!?